venerdì 24 febbraio 2017

Spazio del detenuto in cella

In merito all'annosa questione del trattamento dei detenuti in carcere, recentissima giurisprudenza di legittimità ha affermato che esiste un'elaborazione giurisprudenziale da parte della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che ha indicato alcuni canoni e standard di riferimento, individuando in particolare il limite di 3 mq. quale spazio minimo vitale inderogabile pro capite. Tale giurisprudenza deve essere applicata dal giudice italiano.

TESTO DELLA SENTENZA: 

Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-10-2014) 26-02-2015, n. 8568

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORTESE Arturo - Presidente -

Dott. CAIAZZO Luigi - Consigliere -

Dott. LOCATELLI Giuseppe - Consigliere -

Dott. ROCCHI Giacomo - rel. Consigliere -

Dott. BONI Monica - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

nei confronti di:

B.J. N. IL (OMISSIS);

avverso l'ordinanza n. 7322/2013 GIUD. SORVEGLIANZA di VENEZIA, del 06/02/2014;

sentita prelazione fatta dal Consigliere Dptt. GIACOMO ROCCHI;

lette le conclusioni del PG Dott. Giovanni D'Angelo, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 6/2/2014, il Magistrato di Sorveglianza di Venezia, all'esito della procedura prevista dall'art. 35 bis ord. pen., così come introdotto dal d.l. 146 del 2013, provvedendo sul reclamo avanzato da B.J., rigettava l'istanza di assegnazione ad una cella avente uno spazio individuale di almeno 7 metri quadrati ma disponeva che il richiedente fosse collocato nell'attualità, ma anche nel prosieguo della detenzione, presso una stanza di pernottamento avente una superficie calpestabile media pro-capite non inferiore a 3 metri quadrati; rigettava nel resto il ricorso, ritenuto infondato.

Il detenuto aveva chiesto di essere assegnato ad una cella nella quale godere di uno spazio individuale di almeno 7 metri quadrati, con servizi igienici separati, e di essere autorizzato a permanere fuori dalla propria cella per almeno otto ore al giorno.

Il Magistrato riteneva infondata l'eccezione di illegittimità costituzionale della nuova normativa sollevata dal Ministro della Giustizia; con riferimento alla questione dello spazio minimo riservato ad ogni detenuto - da interpretarsi come spazio minimo di fruibilità di una superficie collettivamente goduta, in caso di stanza di pernottamento a più posti, ovvero come spazio minimo vitale, nel caso di cella singola occupata da un solo detenuto, il magistrato richiamava la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo secondo cui, al di sotto di una certa metratura, individuata in mq. 3, la detenzione deve essere considerata trattamento inumano e degradante.

Nel caso di specie, lo spazio minimo riservato al detenuto era inferiore a 3 metri quadrati (il magistrato lo calcolava in 2,67 metri quadrati): in effetti, tale spazio - sulla scia di quanto desumibile dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, Torreggiani contro Italia, pag. 16 - doveva essere calcolato al netto del mobilio presente; le altre questioni sollevate dal detenuto in ordine alle caratteristiche della cella e alla possibilità di restare per alcune ore fuori da essa erano ritenute infondate.

Di conseguenza, in forza dell'art. 69, comma 5 ord. pen., il magistrato di Sorveglianza impartiva all'Amministrazione Penitenziaria l'ordine di non allocare il reclamante in celle avente una superficie calpestabile media prò capite non inferiore a 3 metri quadrati.

2. Ricorre per cassazione il Ministro della Giustizia, deducendo violazione degli artt. 3 e 46 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, 6 ord. pen. nonchè all. C D.P.R. n. 138 del 1998.

Il ricorrente contesta che il limite minimo di 3 mq come spazio prò capite all'interno della cella debba essere conteggiato al netto della superficie occupata dal mobilio, richiamando la sentenza CEDU 5 marzo 2013, Tallissi contro Italia che l'aveva conteggiata al lordo, includendo sia la superficie degli arredi, sia quella del locale adibito a bagno, trattandosi di spazi comunque fruibili dal detenuto e dei quali, in assenza di apposita previsione normativa, non è possibile prescindere. La Corte Europea ha stabilito tale principio di diritto per la prima volta in maniera esplicito proprio con tale sentenza.

Il ricorrente ricorda che spetta alla legislazione nazionale definire le condizioni minime e sottolinea che il citato D.P.R. 138 del 1998, fa riferimento alla superficie lorda, e non a quella netta.

In un secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge in punto di omessa statuizione sulla richiesta, formulata dalla difesa erariale, di condanna alle spese di lite e degli onorari della difesa. Il Magistrato di Sorveglianza aveva ritenuto di non poter pronunciare sulla domanda, atteso che si trattava di procedimento penale camerale latu sensu riconducibile a quello di esecuzione.

Secondo il ricorrente, il principio della soccombenza doveva invece essere applicato. Il reclamo era di carattere giurisdizionale e la pretesa del detenuto aveva sicuramente natura patrimoniale, non solo in considerazione della possibilità, per l'Amministrazione della Giustizia, di essere condannata - anche se in un secondo momento - al pagamento di somme di denaro, ma anche in relazione alla competenza riconosciuta al giudice di assicurare ottemperanza ai suoi provvedimenti, indicando alla parte che li deve attuare modalità e tempi di adempimento. Deve pertanto trovare applicazione la regolamentazione di cui all'art. 90 c.p.c. e ss., e, in base all'art. 158 T.U. spese di giustizia, il soccombente deve essere condannato al pagamento delle spese prenotate a debito, così come previsto quando parte è un'Amministrazione pubblica.

Il ricorrente conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata.

3. Il Procuratore generale, nella requisitoria scritta, conclude per la declaratoria di inammissibilità o per il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

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blog a cura di avv. Davide Tutino (avvocato Catania, penalista esperto in reati informatici)


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